Saint X - Alexis Schaitkin Page 0,1

era piaciuto tanto, ricordano solo che doveva chiamarsi come un fiore esotico. Dimenticano addirittura il nome dell’isola.

Stringi ancora un po’ sull’Indigo Bay ed ecco delinearsi i dettagli della struttura. Il lungo viale costeggiato da palme perfettamente verticali, l’atrio di marmo con il maestoso soffitto a cupola, il padiglione esterno dove tutte le mattine fino alle dieci viene servita la colazione, la spa, la piscina a forma di fagiolo, il fitness e il business centers (“centres”, indica l’incisione sulle targhe esterne dei due edifici; gli ospiti americani restano colpiti dall’anglicismo, lo trovano desueto e zelante su un’isola tanto lontana dall’Inghilterra). C’è la spiaggia dove le sedie a sdraio descrivono una parabola che segue la curva della baia, la donna del posto seduta su una cassetta di plastica che fa le trecce alle bambine, sotto un ombrellone azzurro tutto cencioso ai margini della spiaggia. Il profumo è quello classico dei tropici, frangipani e solari al cocco e la lieve salsedine dell’oceano equatoriale.

La spiaggia è popolata da famiglie, intorno alle loro sdraio è tutto un trionfo di palette, braccioli, scarpette da bagno microscopiche; da sposini in luna di miele che se ne stanno avvinghiati sotto le cabanas; da pensionati all’ombra immersi in thriller mastodontici. Non li sfiora nemmeno l’idea degli eventi che stanno per verificarsi qui, a Saint X, nel 1995.

Tarda mattinata. Guarda. Una ragazza cammina sulla sabbia. Si trascina, come se non le importasse neanche un po’ di quando arriverà dov’è diretta. Al suo passaggio si girano tutti – i ragazzi, senza nasconderlo; gli uomini fatti, con più discrezione; le donne, con nostalgia (un tempo anche loro hanno avuto diciott’anni). Sopra il bikini indossa una lunga tunica vaporosa, ma possiede il talento tutto adolescenziale di sfoggiarla con una punta di provocazione. La pelle lattea di viso e braccia è imperlata di lentiggini color albicocca. Porta una cavigliera d’argento con un ciondolo a forma di stella e infradito di gomma ai piedi affusolati e piatti. La chioma ramata, folta e lucida come quella di un cavallo, è raccolta da un elastico giallo in uno chignon scompigliato ad arte. Si chiama Alison, guai a chiamarla Ali.

“Buongiorno, dormigliona,” esclama il padre quando la ragazza raggiunge le sdraio della famiglia.

“Giorno,” sbadiglia lei.

“È appena passata un’enorme nave da crociera proprio laggiù, te la sei persa. C’era gente che si tuffava in acqua da uno scivolo,” dice la madre.

(Anche se gli ospiti dell’Indigo Bay non esitano a lamentarsi ogni volta che quelle navi enormi arrivano a deturpare il panorama, provano una punta di tronfio compiacimento in certe occasioni, quando il cattivo gusto altrui riconferma il loro status: loro non hanno scelto di trascorrere le vacanze nella volgare opulenza di una nave che somiglia in tutto e per tutto a un parcheggio multipiano.)

“Sai che emozione.” Alison prende una delle sdraio sotto l’ombrellone e la trascina al sole. Tira fuori il walkman dalla borsa mare, s’infila le cuffie, e inforca gli occhiali da sole.

“Che ne dite di una bella nuotata tutti insieme?” domanda il padre.

Alison resta impassibile. Non sta fingendo di non sentirlo per via del volume della roba che ascolta, conclude il padre, lo ignora e basta.

“Magari fra poco saremo tutti più in vena,” rassicura la madre trasudando allegria.

“Ehi Clairey,” dice Alison. “Parteciperò a una caccia al tesoro e troverò una stella marina.”

Sta parlando alla bambina seduta tra le sdraio dei genitori, che fino a questo momento era intenta ad ammonticchiare piccoli cumuli di sabbia.

“Parteciperò a una caccia al tesoro e troverò una stella marina e un cane,” ribatte la piccola.

La singolarità del suo aspetto fa da contraltare al fascino della sorella maggiore. Ha i capelli quasi bianchi, la pelle esangue. Gli occhi grigi, le labbra livide. Caratteristiche che insieme creano un’immagine ammaliante e monotona. Ha sette anni e si chiama Claire. Clairey, per la sua famiglia.

“Io parteciperò a una caccia al tesoro e troverò una stella marina, un cane e un ottavino.”

“Un ottavino,” sussurra Claire. Spalanca gli occhi. Sua sorella conosce tutte le parole più belle.

Il padre fa cenno a uno degli addetti alla spiaggia. Ce ne sono due, entrambi di carnagione scura in pantaloni bianchi e polo bianche con il bavero abbellito dallo stemma del resort in filo dorato. Lo smilzo e il ciccione, come li hanno ribattezzati mentalmente quasi tutti gli ospiti. L’uomo che si avvicina alla famiglia è lo smilzo, Edwin.

Quando arriva, Alison si tira su e si liscia la coda di cavallo.

“Come sta andando questa mattina?” domanda.

“Benissimo,” risponde la madre, esibendosi in una raggiante manifestazione di entusiasmo.

“Prima volta sulla nostra isola?”

“Sì,” conferma il padre.